"È un
nemico che trattiamo da amico. Che tuttavia ci odia e ci disprezza con
intensità". Sono passati dieci anni da quando Oriana Fallaci scrisse
queste frasi sulla prima pagina del Corriere. La più conosciuta e stimata
giornalista italiana era appena stata denunciata per vilipendio all’Islam,
perché nei suoi libri e nei suoi articoli si era permessa di metterci in
guardia contro il Mostro, così lo chiamava, e di mettere in dubbio la fandonia
dell’Islam buono contro quello cattivo. Oriana si opponeva alla nascita della
moschea di Colle val d’Elsa, sosteneva che il mondo occidentale era in guerra e
doveva battersi, attaccava il multiculturalismo, la teoria dell’accoglienza
indiscriminata, la dottrina cattolica che insegna ad amare il nemico tuo come
te stesso. E per questo, per quel che scriveva, fu considerata pazza
dall’intellighezia progressista mondiale, quasi che l’integralista fosse lei,
lei armata di penna e taccuino e non gli islamici armati di esplosivi, coltelli
e kalashnikov che noi abbiamo invitato nelle nostre case e nelle nostre città,
consentendo loro - in virtù della libera circolazione imposta dal trattato di
Schengen - di viaggiare a loro piacimento, senza controlli e con la possibilità
di organizzare qualsiasi massacro. Oriana è morta da anni, ma le sue nere
profezie si stanno realizzando puntuali come erano state previste. Quel che è
accaduto ieri nella redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo, una delle
poche testate che anni fa difesero nel silenzio generale il coraggio della
scrittrice toscana, è esattamente ciò che lei aveva immaginato.
di Maurizio Belpietro (Libero Quotidiano)